Sì e No, alfine non lo so

Carissimi,

che dire di questi due che fan delle parole un uso improprio per la propria utilità?

Sì e No, son due risposte che anche noi diamo alla vita, ma che non sempre corrispondono ai fatti, e lo facciamo per salvare le apparenze, per tirarci fuori dai guai e dagli inghippi, per svincolarci dalle situazioni che ci mettono alle strette.

Non vogliamo esporci per quel che siamo, e usiamo le parole per nascondere le nostre persone e il mondo che viviamo.

Ma quando poi la realtà dei fatti ci smentisce, che si dirà di noi?

Siamo ingannatori, millantatori, falsi profeti, ipocriti?...

La parola del Signore corrisponde sempre a quel che dice, alla realtà, e ci insegna a far altrettanto, a non abusare del dono della parola per farci scuse e discolpe.

Pubblicani e prostitute, dice il Signore, nel loro ambito, in questo ci sono da maestri, e ci insegnano che se si dice sì è sì, e detto no, è no.

Non è importante la perfezione, ma la coerenza, sì, questa, molto di più che il farci apparire con le parole quel che non siam di fatto.

Detto, fatto, miei cari, ci dice il Vangelo.

Questa è la via della speranza, della fede e dell'amore; tutto il resto è inganno.

 

La vigna del Signore

Fratelli,

accorriamo a questa vigna, questa Chiesa del Signore, che non è in mano a persone, come spesso crediamo, ma è tutta diretta la Lui, dal padrone e signore, che attraverso peccatori e limitati strumenti del nostro essere indegni vignaioli, ci chiama a vivere ogni giorno il servizio secondo il tempo e il modo che a ognuno di noi è affidato.

E smettiamo di far divisioni tra noi, tra chi è arrivato prima o dopo, chi sa e non sa, chi è più o meno bravo...a Dio non interessa il nostro fare, ma il far suo in noi, cioè la nostra accoglienza e disponibilità a lasciar agire in noi il suo spirito!

Questa è la Chiesa fratelli, non quella perfetta che vogliono gli uomini del mondo, a loro piacimento e godimento! Dio si serve di chi lo accoglie, senza guardare a quel che sa fare, a amandolo nel cuore, profondamente, in quanto bisognoso di Lui e dell'amore del prossimo.

Amar la vigna del Signore è apprezzare l'esserci dentro, e ringraziare, e coltivare non solo la stessa, ma anche il rapporto tra noi, umili e grati coltivatori, al di là dei nostri meriti.

E che il frutto della vigna sia sempre più quello Spirito divino che il Signore augura a noi e tutti in questo mondo, per un vero progredire umano, evitando le deformazioni e le violenze e prepotenze, accogliendo umilmente questo dono della vocazione, per cui siamo chiamati ad essere insieme tra noi e guardando a Lui, sempre meglio, orientati al bene e al progresso di questo mondo!

 

 

 

IL PERDON NON E' DEI BIGOTTI

Fratelli, non mi stupisce affatto che ognuno di voi - e anche me compreso - al sentir che Gesù ci invita al perdono, non siam disposti ad accogliere questo invito suo, nè tanto meno a metterlo in pratica. Pensiamo tutti noi, qui adesso, che il perdonar è cosa da bigotti, diventa un lasciar correre e permetter al violento e all'ingiusto di far sempre più quel che vuole, altro che la volontà di Dio! Ma se pensiamo bene, alla parabola, fratelli, questo non è. Anzi, il perdono rafforza ancor di più l'annuncio della giustizia, in quanto il re che fa i conti col primo servo suo debitore, gli mette innanzi il suo debito, lo richiama a riconoscere il suo errore, la sua mancanza, e glielo dice in faccia chiaramente! Ecco, fratelli, la radice del perdono da dove parte! Dio perdona il nostro riconoscerci peccatori, non perdona così a vanvera, come appunto un bigotto o peggio, un lasciapassare del peccato! Anche per noi, dunque, ecco l'insegnamento: far notare - senza giudicare - come fotografando la situazione dell'errore e del peccato, questa è la nostra missione, animata non da vendetta e da violenza, ma dal desiderio di por fine alla peccaminosità, al continuar ad errare. Far questo è coraggio e decisione, chiarezza e non bigotteria. E se il prossimo riconosce l'errore, doveroso e giusto più che mai è il nostro - che poi vien da Dio - perdonare. Vedete, fratelli, come il Vangelo ci aiuti al progresso nel bene e nel giusto, senza smenarci, anzi guadagnando il progresso umano nostro e altrui, grazie a Dio, a Lui, alla sua misericordia!

Sia lodato Gesù Cristo!

Pietro, quante volte hai giudicato oggi?

Fratelli,
che dire di noi, ad onor del vero, se Gesù a Pietro richiama il dover contare tanto e tanto - settanta volte sette - prima di giudicare?
E' da Dio il giudizio, fratelli, e non da noi la sorgente!
Ma noi - peccatori originali - abbiamo inquinato quella sorgente, e ora non sappiamo più contare né le volte che giudichiamo, tante sono, né le volte che perdoniamo, che sono proprio poche, lasciatemelo dire.
E già il mio dirlo a voi vi trova pronti ad arricciare il naso, a chiuder cuore e orecchie al messaggio del Vangelo, e a preoccuparci, come il nostro fratello Pietro, della misura giusta della nostra - dico nostra - giustizia.
Dov'è finito il timor di Dio in tutto questo andazzo, fratelli?
 
Gesù, in questo contesto, ci invita a contare le volte che potremmo perdonare e non lo facciamo...potremmo farlo fino a settanta volte sette, volendo, se richiamassimo su di noi l'agire di Dio.
E di contro, girando la faccia della medaglia, ci invita a contare le volte che anche solo in un giorno, apertamente o dentro di noi, poniamo giudizi sul prossimo, senza pensarci su due volte...altro che settanta volte sette!
 
Abbiamo usurpato con prepotenza l'agire giusto della divina misericordia, e vogliamo incamerarla a nostro vantaggio e piacere!
Ma Gesù non tollera ciò, e riporta alla misura di Dio le nostre fragili tabelline e gli interessati calcoli.
Per richiamarci, fratelli, che se è vero ciò che è giusto, questa verità non è in mano nostra, nelle nostre sporche mani grondanti vendette di sangue, ma nella mano di Dio, che sempre ricrea anche ciò che l'uomo distrugge.
Il perdono, fratelli, è l'agire della mano di Dio, che ricrea le cose, e oggi ci affida, proprio alle nostre mani operose, questa missione.
Oggi, quindi, che faremo?
Giudicando disperderemo questa nostra umanità, o sapremo ad immagine di Dio darle una mano per risollevarsi dalle sue cadute e dalle nostre provocanti umiliazioni?
 
 

Settanta volte sette...

Fratelli carissimi,
udite quel che succede a colui che vuol misurar per sé la fede:
la misericordia di Dio non è mai stata né mai è o sarà in vendita!

E chi come quell'apostolo che vuol dirsi umana risposta, da Gesù vien richiamato a usar un altro metro, che vada oltre il sette volte sette, cioè giusta umana misurazione del rapporto di perdono.
E nemmeno, gli dice Gesù, questo basta: occorre andar più in là, al settanta volte sette, cioè oltre la piena giustizia e la pienezza.
Dio non fa, strafà!
Lui è abbondanza e richiama a noi di imitarlo in questa proporzione.

Sì, fratelli, perché noi che siamo abituati a tutto misurar a commercio, anche la fede e la grazia, non possiamo più far finta di non vedere che per Lui tutto è grazia, gratis, dono!
 
E questo dono non è da trattenere a noi, ma da condividere.
E ogni volta che lo condividiamo - o almeno cerchiamo di farlo - ecco che questo dono si accresce, si moltiplica, si raddoppia, si espande, per noi e per tutti, a gloria e di Dio e dell'uomo vivente.
 
Ecco perché dobbiamo usar misericordia: perché a noi è usata.
Ed è usata a noi, perchè siamo nella miseria del corpo - fragili - e dello spirito - peccatori.
Ed è usata a noi, perchè siamo chiamati ad amministrare questo dono.
E non a esserne padroni, a nostro potere e piacere, come succede!
La misericordia è il sangue che siamo chiamati a far scorrere tra noi e Dio, tra noi e il prossimo, e in noi stessi, per ravvivare la fede, la speranza e la carità, che in questo mondo si stanno esaurendo!